La Quinta del Sarto, un work in progress

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La Quinta del Sarto, un work in progress

La Quinta del Sarto segue il solco di alcuni aspetti sociologici dell’arte presi in considerazione nell’opera “Atelier” (2013), e poi in “Livesandworks” e “ShadowLine” (2013-2014). In queste opere il gioco tra rappresentazione classica nell’arte del ritratto di gruppo e le interazioni fra gli appartenenti all’ambiente artistico attuale della città, fotografati singolarmente e in seguito accostati secondo casualità, viene amplificato raggiungendo esiti che ricordano suggestioni della fotografia surrealista e della nuova oggettività – racconta Ferrario Freres -. In questo nuovo percorso si prende spunto dagli eventi cittadini di fine 2015 e inizio 2016 incentrati sulla presenza a Bergamo del “Tailor”, il Sarto  di Giovan Battista Moroni; il detour iniziato con il confronto con le opere di Palma il Vecchio si amplia a poco a poco divenendo, a partire dall’aspetto sociologico, più interessato ai meccanismi della rappresentazione della pittura classica”.
I volti contemporanei, quindi, si fondono con le stesure di colore dei dipinti tendendo a perdere la loro connotazione e divenendo essi stessi colore stratificato alla materia pittorica che fa da base a queste immagini. “La ricerca sulle pose e il concentrarsi sui dettagli essenziali per questo gioco di sedimentazioni, come le mani, il volto, il collo e le spalle, coinvolge gli autori a partire dalla progettazione e proseguendo, nell’esecuzione, in un gioco di specchi fra autori, artisti, personaggi e interpreti contemporanei – prosegue Ferrario Freres – Diviene importante in questa fase il rapporto con la digitalizzazione dell’immagine. La tecnica utilizzata permette di apportare le modifiche necessarie all’attuarsi di questa ripresa in carico delle opere della pittura classica fino a ricercare l’influenza del tratto di pennellata, della trasparenza del colore e dei canoni formali che l’artista ha utilizzato nelle opere rivisitate. E’ importante inoltre il dato fondante dell’insieme delle opere di ritrattistica del Moroni. Una modalità asciutta, scarna, tendente al realismo più documentario, che privilegia un certo ambiente e che nello specifico del “Tailor” ne evidenzia il mestiere, secondo la vulgata dei più, e il ristretto ambito sociale: insomma una modalità e un’estetica che precede, e di molto, le modalità seriali dei flussi di produzione degli studi fotografici di Nadar. Da qui ipotizziamo come l’approccio fotografico sia il migliore per affrontare l’opera del Moroni e, nell’attuale contesto, l’happening la forma migliore per sviluppare un progetto di contestualizzazione del “Tailor” nella realtà bergamasca”.