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About

Collettivo artistico nato a metà degli anni novanta i cui componenti vivono tra Bergamo e Milano. Caratterizzato da una forte apertura verso l’esterno che si manifesta attraverso collaborazioni, anche di breve periodo, il gruppo si fonda sulla fluidità, sulla sperimentazione e sull’eterogeneità dei mezzi utilizzati. La ricerca dei Ferrario Frères predilige le installazioni site-specific che spesso si trovano a dialogare con spazi suggestivi, anche non tradizionalmente dedicati all’arte contemporanea e che attingono a discipline anche molto diverse: dall’arte alla teologia, dall’antropologia alla genetica, dalla botanica all’informatica.

Artistic collective born in the mid-nineties whose members live between Bergamo and Milan. Characterized by a strong openness towards the outside world, expressed through collaborations, even of short duration, the group is based on fluidity, experimentation, and the heterogeneity of the means used. The research of Ferrario Frères prefers site-specific installations that often engage in dialogue with evocative spaces, even those not traditionally dedicated to contemporary art, drawing from a wide range of disciplines: from art to theology, from anthropology to genetics, from botany to computer science.

Il gruppo, i cui componenti vivono e lavorano tra Milano e Bergamo, si forma alla metà degli anni Novanta. Le sue caratteristiche sono la fluidità e la coralità: esso è infatti aperto nella sua composizione e si avvale di collaborazioni, anche di breve periodo, che attingono alle diverse discipline dell’arte o ad ambiti affini e paralleli, come la musica, la poesia, l’antropologia, l’informatica.

Sin dagli esordi la ricerca dei Ferrariofréres è orientata all’indagine dei rapporti tra natura e cultura, tra linguaggio e tecnica, tra Kultur e Civilisation, in un contesto espressivo e formale che vede privilegiati il mezzo fotografico e la videoinstallazione. Le loro opere, spesso riferite al mondo naturale, alla botanica come alla zoologia, intrecciano realtà e finzione, mito e allegoria, teatro e racconto, suggerendo percorsi e riflessioni sul valore “residuale” e ideologico delle immagini nella società contemporanea. Dunque, essenzialmente, una poetica del “guardare” una fenomenologia dell’occhio che scruta e analizza i meccanismi “culturali” e sociali della visione per smascherare le ambiguità e le contraddizioni. Di qui l’opzione e la predilezione dei Ferrariofréres per la fotografia “a contatto”, che della fotografia convenzionale (moltiplicabile, incorporea, elegiaca) è il rovescio paradossale e incongruo, configurandosi come “impronta-assenza” originale dell’oggetto, del suo corpo unico e vero. Impronte fotografiche (impronte di impronte), costellazioni di immagini-luce che evocano il referente nelle forme fantastiche di reliquie o ectoplasmi di realtà modulate dalla argentea opacità della luce.

La tecnica, basata sul contatto diretto tra l’oggetto (animale, fiore, insetto etc.) e il materiale sensibile all’alogenuro d’argento, è quella del fotogramma caro alla tradizione delle avanguardie storiche (Man Ray, Moholy Nagy) le cui originarie finalità espressive in chiave formalistico-astratta sono piegate dai Ferrariofréres a un più elementare e realistico valore di testimonianza visiva: “nient’altro che un arrendersi all’evidenza delle cose”. L’icona del gruppo è un autoritratto dei fondatori, tre persone di cui una ormai è definitivamente assente.

Enrico De Pascale

The group, whose members live and work between Milan and Bergamo, was formed in the mid-nineties. Its characteristics are fluidity and collectivity: it is open in its composition and engages in collaborations, even of short duration, drawing from various art disciplines or related and parallel fields such as music, poetry, anthropology, and computer science.

From the beginning, the research of Ferrario Frères has been oriented towards investigating the relationships between nature and culture, language and technique, Kultur and Civilisation, in an expressive and formal context that privileges the photographic medium and video installation. Their works, often related to the natural world, intertwine reality and fiction, myth and allegory, theater and narrative, suggesting paths and reflections on the “residual” and ideological value of images in contemporary society. Essentially, it is a poetics of “looking,” a phenomenology of the eye that scrutinizes and analyzes the “cultural” and social mechanisms of vision to unmask ambiguities and contradictions.

Hence, the Ferrario Frères’ preference for “contact” photography, which is the paradoxical and incongruous reverse of conventional photography (reproducible, intangible, elegiac), configuring itself as the original “absence-imprint” of the object, its unique and true body. Photographic imprints (imprints of imprints), constellations of light-images that evoke the referent in the fantastic forms of relics or ectoplasms of reality modulated by the silvery opacity of light.

The technique, based on direct contact between the object (animal, flower, insect, etc.) and the silver halide-sensitive material, is that of the photogram dear to the tradition of historical avant-gardes (Man Ray, Moholy Nagy). The original expressive purposes in a formalist-abstract key are bent by Ferrario Frères towards a more elementary and realistic value of visual testimony: “nothing more than surrendering to the evidence of things.” The group’s icon is a self-portrait of the founders, three individuals, one of whom is now definitively absent.

Enrico De Pascale